Pippo De Jorio, una lezione di coerenza
Scende l’oscurità tra i meandri del tempo. Il giorno lentamente si spegne; l’illusione è smorzata dalla realtà. La porta è ancora chiusa: non è possibile aprirla. Nessuna chiave potrà mai spalancare l’uscio del mondo dei sogni. Nella testa rimbalzano le parole della canzone Buon anno professore di Massimo Morsello. «Buon anno professore/ coi tuoi occhi sereni e i tuoi capelli di gesso/ mentre conti i miei globuli bianchi e persuadi alla vita, deciso uno per uno ogni mio globulo rosso». Chiudo gli occhi, penso al futuro misterioso. Fisso con insistenza una fotografia adagiata sul tavolo. Filippo de Jorio sorride con fierezza; indossa un maglione verde scuro. Cammina per le stradine di Manocalzati: sembra Gabriele D’Annunzio. Perché no? Il professore de Jorio è il nostro D’Annunzio. Pare un eroe decadente. Intravedo nelle movenze il fracasso di un’epoca eroica. Il professore ha rappresentato una speranza per diverse generazioni. La sua lezione politica è tuttora attuale: egli ha forgiato i giovani cuori e ha offerto il culto dell’onore alla moltitudine smarrita. Ha indicato una strada precisa. Nell’epoca del Kali Yuga non c’è nessuna possibilità di vittoria. Occorre “cavalcare la tigre”; bisogna restare in piedi “in mezzo alle rovine”. E le letture dei testi di Julius Evola, di Ezra Pound e di Yukio Mishima hanno accarezzato le speranze rattrappite. In mezzo alle pagine dei libri ho ritrovato lo spirito del professore ed ho colto il filo dello spasimo.
Il suo ricordo non andrà mai via. Non scomparirà, non si scioglierà come il ghiaccio sotto il sole rovente. Ho sempre apprezzato la sua coerenza, la militanza, la fedeltà verso un’Idea alta. Il professore ha legato la sua vita a un ideale e ha rappresentato un’alternativa poetica e malinconica. Avrei voluto ascoltare tutte le sue storie; avrei voluto udire i racconti di guerra, gli episodi crudi, i ricordi del fronte. E c’è un pizzico d’oriente tra le pieghe di un uomo leggendario. Egli fu un eroe valoroso. «Era solito il Maestro – dice Tonino Corbo in suo articolo – lamentarsi per la gamba dolorante, quella delle monache, dolore che si accentuava nel corso dei mesi invernali. Il fatto risaliva a tanti anni prima, durante la seconda guerra mondiale: un episodio verificatosi sul fronte balcanico. Per sfuggire a un pericolo, il professor De Jorio, allora giovane volontario del 144esimo Battaglione CN, nel saltare dalla finestra di un convento di suore dove si era rifugiato, si procurava la frattura a una gamba».
De Jorio nacque nel 1918. Venne al modo in un periodo colmo di fermenti patriottici: trascorse la sua infanzia ad Avellino. Nel dopoguerra contribuì alla nascita del MSI in provincia. «Il Movimento Sociale Italiano – scrive Giovanni Acocella nel suo libro Notabili, partiti e istituzioni – si costituì in Irpinia in concomitanza della sua fondazione a livello nazionale. Contribuirono alla sua nascita vecchi componenti del partito fascista, altri giovani, meno compromessi direttamente, ma spinti da idee nazionalistiche e comunque riconducibili alle ispirazioni del Movimento stesso. Primo segretario federale fu l’imprenditore avellinese Alfonso Argenio. Svolsero un grande ruolo per l’organizzazione nel capoluogo l’architetto Aldo Pini, di origine bolognese, animato da una forte carica ideale, il professor Filippo de Jorio, ordinario di Storia dell’arte al Liceo Colletta, l’avv. Pasquale Acone, uno dei pochi che pagarono lo scotto dell’epurazione. Ad essi si aggiunsero il dott. Enrico Fioretti, oculista, e, in epoca successiva, l’avv. Fabio De Beaumont e l’avv. Pietro Cerullo, il dott. Gaetano Cerullo, De Lisio e altri». Filippo De Jorio fu il rappresentante dell’anima nazionalista e combattente e sociale.
Dalle cattedre delle austere aule del Liceo Classico Pietro Colletta di Avellino ha indicato la stella da seguire. Insegnò per tanti anni la Storia dell’Arte. Ha segnalato ai ragazzi un’oasi nel deserto. E ha tutelato a spada tratta la libertà di espressione osteggiata dai “professionisti dell’antifascismo”. Non è mai stato retorico ed ha combattuto i falsi miti. Ha continuamente messo alla pari la Bellezza e l’azione alla maniera di Mishima; ha adorato lo splendore dei carri armati, la lucentezza degli elmi, la plasticità delle gesta epiche. Ed ha ammaliato la gioventù ribelle alla maniera di un “Maestro Miyagi” del Sud. Ha creduto fermamente nei valori immutabili; è stato un grande patriota, un combattente, un alfiere del passato eterno. Fondò l’agenzia giornalista “dejpress” e per oltre trent’anni vivacizzò il dibattito politico in provincia. Fu membro di molte Accademie nazionali e internazionali di arte. Trascorse il suo tempo libero nel laboratorio di via Pironti e si dedicò con passione alla pittura, alla scultura, alla lavorazione del vetro, all’arte grafica. Nel 1980 disegnò la copertina del libro dedicata al centenario della scuola enologica di Avellino.
Egli difese in modo estenuante le istanze del Movimento Sociale Italiano; continuamente animò le iniziative all’interno della sede avellinese del partito. È stato un faro, un giornalista elegante, un grande politico. Intravide nella fiamma la salvezza nazionale. Aderì al MSI in maniera devota: non nutrì mai le ambizioni personali e lasciò il campo ai giovani. Le sue candidature furono sempre “di servizio”. Si spese per il partito in modo onesto, pulito; partecipò ai congressi non come delegato, bensì come giornalista accreditato in nome della sua agenzia giornalistica “dejpress”. Battagliò per tutta la vita; fu nello stesso tempo un anticomunista e un antidemocristiano. «Le idee si difendono alla luce del sole». Pronunciò questa frase nel corso di una riunione politica. Divenne un punto di riferimento per i ragazzi del Fronte della Gioventù. In quel periodo, purtroppo, andava di moda la “caccia al fascista” e nelle scuole e nelle università i missini contavano poco o niente. De Jorio tenne unito l’intero ambiente, spronò i giovani. Il Maestro navigò controcorrente e rappresentò la diversità nel mondo dell’insegnamento egemonizzato dalla sinistra: fu sempre disponibile al confronto a differenza della maggior parte dei docenti marxisti. Egli sostenne sempre la leadership di Giorgio Almirante e giurò eterna fedeltà alla fiamma. Nel ’76 ostacolò inutilmente i progetti dei dissidenti di Democrazia Nazionale e appoggiò pienamente la linea almirantiana. Supportò nel 1979 l’Eurodestra ideata dal segretario missino. Almirante, in occasione delle prime elezioni per il parlamento europeo, convocò a Roma i falangisti spagnoli di Fuerza Nueva e i rappresentanti del Parti des Forces Nouvelle francese guidato dall’avvocato Jean Louis Tixier-Vignancour. De Jorio appoggiò l’iniziativa e vivacizzò il dibattito in città e in provincia. Raggiunse numerosi comuni dell’hinterland, espose le sue teorie e difese tenacemente la destra. In quel periodo mostrò simpatia verso il sindaco di Manocalzati Arturo De Masi. «Il sindaco è una voce fuori dal coro in una provincia democristiana». Così disse in un pubblico incontro. Forse amò davvero Manocalzati. D’altro canto sua sorella Ida sposò l’ingegnere d’origine manocalzatese Emanuele Del Mauro. Il professore raggiunse il piccolo comune tantissime volte.
Con grande linearità non condivise la svolta di Fiuggi e aderì al Movimento Sociale Fiamma Tricolore di Pino Rauti. Filippo de Jorio non rinnegò e non confutò il principio primo speculativo d’identità e non contraddizione. Egli comprese in tempo i rischi della sterzata fininana. «Venne poi Fiuggi, – prosegue Corbo – il drammatico passaggio del congresso di Fiuggi, dove si sancì la fine del MSI. Il Maestro non comprendeva le ragioni, non capiva. La tattica e la strategia erano estranee a chi, della fede politica, ne aveva fatta una scelta di vita, sentimento profondo, testimonianza da tramandare. Non era risparmiato al Maestro questo calice amaro. La sua passione così affievoliva, l’entusiasmo declinava. Triste e disincanto soleva ripetere “Non capisco ma mi adeguo”. Forse coglieva nel cambiamento della politica il mutare del mondo attuale, mentre il suo, fatto di idee forti, uomini veri, sentimenti vitali, tramontava». Ebbene sì. Il suo mondo tramontava lentamente. Apparve nei suoi occhi la tristezza del crepuscolo. La svolta di Fiuggi fu per lui un dramma irreparabile.
«Il Maestro de Jorio è un eroe». Un ex militante missino contempla con malinconia un vecchio volantino della fiamma. «Questo manifestino è un regalo del professore. Sai cosa mi disse? Difendi sempre i tuoi ideali. Purtroppo il Movimento Sociale non c’è più e la destra si è frantumata. De Jorio coltivò sempre il mito del MSI e difese le scelte del partito, ovviamente contestò la svolta di Fiuggi e seguì Pino Rauti. Il professore fu un ideologo. Egli avrebbe voluto non far morire il Movimento Sociale e avrebbe voluto spostare il partito verso le posizioni della destra radicale europea. Ammirò molto Jean Marie Le Pen. Oggi avrebbe salutato con simpatia il successo del Front National francese». In effetti è così. In fin dei conti il Front National di Marine Le Pen ha guadagnato molti consensi. Oggi al posto del vecchio MSI c’è la Lega Nord. La Lega ha occupato un vuoto politico. Credo che in Italia ci sia ancora lo spazio per una destra simile al Fronte francese. «De Jorio – prosegue l’ex militante – apprezzò molto la dichiarazione di Rauti in merito alla svolta di Fiuggi: è come se a un gruppo di cristiani si dicesse di diventare buddisti. Io resto cattolico, apostolico, romano. Io resto, in termini politici, missino». E il Maestro è rimasto missino. È rimasto missino alla maniera di un giapponese. Ma ha continuato a fare politica? Sì. Ha continuato con passione ed entusiasmo ed ha sostenuto le iniziative del partito di Rauti.
Effettivamente il professore fu un pensatore intrigante. Egli è sospeso a metà strada tra Jean Marie Le Pen e Jörg Haider. Reputo che sia ancora un punto di riferimento in provincia. Non amò il compromesso e si collocò nel solco del pensiero rautiano: volle “andare oltre” e lottò sempre contro il sistema. Coltivò il mito della “terza via” e profuse tutto il suo impegno per la rinascita della destra. Non provò affetto per la cosiddetta politica delle alleanze e non salutò con simpatia l’avvento del bipolarismo. Egli avrebbe voluto mantenere il MSI all’estrema destra dello scacchiere politico. Il suo partito ideale avrebbe raccolto la protesta e avrebbe promosso alcune battaglie sociali. Con molta probabilità avrebbe perfino ottenuto un consenso ampio e avrebbe rallentato il processo di degenerazione. Il MSI avrebbe così mandato in “corto circuito” il sistema e oggi avrebbe contrastato l’immigrazione selvaggia, l’Europa delle banche e la moneta unica. In fin dei conti il Front National adesso raccoglie i frutti del lavoro di Jean Marie Le Pen ed è pronto per andare al governo. Emerge allora un pensiero maturo e articolato: de Jorio, forse, guardò alla Francia e al semipresidenzialismo. Avrebbe voluto competere contro un partito di centrodestra e contro la sinistra. Se il suo partito, per ipotesi, fosse arrivato al ballottaggio avrebbe trovato un accordo con i partiti di centrodestra (AN, Forza Italia, Pdl); questi partiti avrebbero sostenuto il suo per impedire la vittoria delle sinistre. Insomma il suo partito avrebbe dovuto attirare anche gli elettori del centrodestra. Certo, è un progetto ad ampio raggio. Il professor De Jorio brillò per la sua lungimiranza politica, per il suo acume, per le sue intuizioni. Il suo Movimento Sociale avrebbe ospitato adesso gli euroscettici, i nazionalisti, i tradizionalisti, i nostalgici, i conservatori e perfino i delusi di Forza Italia; avrebbe, insomma, rappresentato la vera opposizione e avrebbe sicuramente ottenuto il 15% o il 20% dei consensi.
Morì all’età di ottantacinque anni il 4 marzo del 2003. Si spense in silenzio e lasciò per sempre la politica. «Lo ricordo armato del suo contagioso entusiasmo, – continua Tonino Corbo – lo straripante dinamismo conseguente alla solidità delle idee, con l’immancabile basco nero, segno distintivo della sua inimitabile persona. Un uomo d’altri tempi, scolpito da esperienze di vita irripetibili, e, oggi inimmaginabili, sempre pronto a offrire qualcosa del suo infinito bagaglio di esperienze di cultura, mai avaro nel distribuire consigli e moniti di vita. […] Verso la fine della sua vita non era stato risparmiato dalla malattia, affrontata con grande dignità, confortato sempre dall’inseparabile compagna, di una vita, la dolce compianta signora Mena». Il 17 marzo del 2003 fu commemorata la sua figura nel corso di un consiglio comunale monotematico. Parteciparono alla seduta il sindaco Antonio Di Nunno, il vice sindaco Giuseppe Vetrano e gli assessori Annino Abate, Gerardo Capone, Luigi Cucciniello, Vittorio De Vito, Vincenzo Di Domenico, Antonio Gengaro, Giancarlo Giordano e Rosanna Rebulla. «Il professor de Jorio – disse il sindaco di Nunno – non era soltanto, come si suol dire, un noto personaggio di Avellino. Il de Jorio, da tutti appellato Pippo, è stato innanzitutto “un educatore”, una persona dai solidi convincimenti, difesi, sempre e strenuamente, con una coerenza di pensiero e di azione veramente notevoli, di cui bisogna dargli doveroso atto, soprattutto se rapportata ai nostri tempi dove si è portati troppo spesso a cambiare opinione, anche sulla spinta emotiva delle tante vicende nazionali. Io voglio ricordare Pippo de Jorio, qui in quest’aula, perché è stato una persona di grandiosa cultura, senz’altro tra le più colte delle nostra città, imponendosi in modo particolare nell’ambito della storia dell’arte, che magistralmente ha saputo insegnare. […] Ritenevo doveroso ricordare la Sua persona in un contesto pubblico e dignitoso, quale il Consiglio Comunale, convinto che la città di Avellino ha subìto, con la sua scomparsa, una perdita immensa, incolmabile. Pippo de Jorio ha avuto la fortuna di trascorrere una lunga vita, piena di eventi e di vicende che ha affrontato a modo suo, con spirito, come si dice, garibaldino. Riusciva ad essere sempre ironico, possedendo una battuta pronta ed arguta, con una punta di immancabile sarcasmo. Era veramente una magnifica persona. […] Sarà difficile vedere persone dotate di una cultura così ampia come quella di Pippo de Jorio, capaci a loro volta di saperla trasmettere sotto altra forma ed altri aspetti in maniera altrettanto totale e profonda». Credo che sia uno stupendo attestato di stima. Ed è vero: il professore ha affrontato gli eventi della vita con lo spirito garibaldino. Egli fu un ardito, un erede degli eroi risorgimentali, un futurista saturo di richiami byroniani. Inoltre fu un uomo coerente, costante. Amò visceralmente il Movimento Sociale. Il professore è un esempio per tutti. Il Presidente del Consiglio Comunale De Fazio, al termine della seduta, consegnò ai familiari del compianto professore un attestato di stima.
Eppure quella fotografia sbiadita continua a farmi compagnia. È emersa dal dimenticatoio. Le linee disegnano un fondale vintage. Il professore è in compagnia del grande sindaco di Manocalzati Arturo De Masi. È un giorno del lontano 1982. Insieme con lui giunsero in paese l’avvocato Cerullo e molti militanti del vecchio Fronte della Gioventù. La destra avellinese si riunì a Manocalzati. Omaggiarono tutti la visita di Giorgio Almirante; il leader romano partecipò all’inaugurazione di una struttura prefabbricata offerta dal MSI. La struttura fu collocata nei pressi del campo da tennis di via Gradoni: usufruirono del dono gli studenti della scuola media. Il partito volle, così, onorare l’amministrazione comunale amica colpita dal sisma del novembre 1980. Filippo de Jorio incantò la platea tramite uno stupendo comizio; la gente locale fu sedotta dalla sua fine arte oratoria. Allora resta a me soltanto una vetusta istantanea e nulla più. Ammiro la coerenza del professore e annoto emozioni. Continuo a fissare la sua stella; solitamente brilla e rischiara l’infinita notte.
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